Chi se lo ricorda che il presidente degli Stati Uniti d'America non lo eleggono i cittadini? Che lo selezionano dei cardinali elettori in un conclave esclusivo, come accade per il Pontefice della Chiesa Cattolica? Che quel meccanismo funziona dal tempo dei sette re di Roma? E che negli Stati Uniti il calendario del voto è condizionato da motivi religiosi e dai rovesci del tempo? Possibile che nel 2016 Donald Trump abbia vinto le elezioni con oltre due milioni e mezzo di voti in meno rispetto a Hillary Clinton?
Sì, il meccanismo dell'elezione presidenziale sembra arzigogolato. Televisioni e giornali lo spiegano superficialmente, poi ci si mettono anche i social media, e questo aumenta la confusione. Alla fine non ci si raccapezza più e si grida alla "democrazia violata" quando vince chi "ha preso meno voti". Ma è un'apparenza che inganna. Questo libro spiega perché, raccontando come il destino della Casa Bianca lo decida l'istituto del Collegio elettorale (per alcuni una vera «bestia nera») rispondendo a criteri precisi. Ma soprattutto in base a una concezione non di massa della rappresentanza democratica, tipica di un "Paese antico nell'evo moderno" che è alternativo ai giacobinismi e perfettamente stabile. Se non una democrazia davvero compiuta, certamente una democrazia diversa.