La locuzione «Stato moderno» non indica semplicemente l'organizzazione
della società nel mondo contemporaneo - anche se quasi
tutti gli Stati contemporanei sono «Stati moderni» -, ma un organismo
dotato di alcune particolarità che si presentano per la prima
volta in Occidente e che lo rendono qualitativamente diverso dalle
formazioni politiche del passato. Esso si afferma come forma centralizzata
di gestione del potere politico e unica fonte del diritto.
Si tratta di una realtà storicamente determinata e non di una struttura
perenne dell'umanità, come da qualche parte si è inclini a credere,
nonché dell'«ineguagliata e più impressionante creatura della politica
e della modernità». Studiarne le origini consente di comprenderne i
meccanismi, di sottrarre il tema a quella «naturalità» di cui lo Stato
è circondato e di riconsiderare le alternative presenti all'epoca della
sua formazione, che è stata frutto di molteplici traiettorie di sviluppo.
Esso è il risultato di un duro e prolungato scontro di potere, che in alcune
aree ha presentato alternative potenzialmente realizzabili, la cui
importanza è stata a lungo sottovalutata nella ricostruzione storica:
il modello imperiale, durato circa un millennio a partire dalla rinascita
carolingia dell'anno 800, le leghe cittadine, le confederazioni e
i cosiddetti «piccoli Stati», che non erano «scarti di lavorazione» dei
processi di costruzione nazionale.